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Il tempo e/e' la sua percezione · 2006-08-18 by mmzz

Da uno scambio di mail con roto.


Questa macchina del tempo mi ha fatto venire in mente qualcosa di intrigante.

Quello che dicono Prigogine e la Stengers, se non ricordo male e se ho capito quello che dicono, e’ che il tempo irreversibile e’ una faccenda che riguarda la biologia, e guardando quel video l’argomento sembra meno una speculazione.
L’impressione e’ che il tempo sia come e’ perche’ e’ percepito in quel modo. Il tempo e’ il tempo, e fluisce da futuro a passato, perche’ lo percepiamo cosi’. Possiamo percepirlo diversamente (il video) anche senza l’artificio di un film alla rovescia, ma sfruttando
la ripetizione di eventi e la loro percezione cumulata con un lieve `decalage`.
Piu’ eventi nel tempo forward collassano in un evento nel tempo backwards.

Si dira’ vabbe’, dai! e’ uno sporco trucco stroboscopico, sono capaci tutti. Vero, ma suggerisce che il tempo “senza imbrogli”,
quello vero, potrebbe nascere semplicemente da un simile imbroglio, come uno stroboscopio che non vediamo o che non possiamo vedere.

Suggerisce anche che tutta la percezione del tempo possa dipendere da una qualche forma di scansione (quantizzazione) di una dimensione spaziale, per cui una somma di eventi in uno spazio senza una direzione temporale particolare, ma “illuminati” dalla scansione e cumulati assieme con un certo decalage, danno il tempo come lo conosciamo. Una diversa scansione puo’ dare un tempo diverso: forward o backward.

Un secondo suggerimento nasce dal fatto che il ripetersi identico degli eventi li fa collassare in un unico evento indifferente al flusso del tempo. Nessuna delle gocce puo’ fare qualcosa di diverso da quello che fa, ma le fluttuazioni impercettibili nel comportamento individuale le rende responsabili della percezione di sfocatezza degli eventi piu’ turbolenti e quindi aleatori, quali la caduta nella vaschetta o l’interazione col cacciavite.
Tuttavia anche questa sfocatura non rende meno prevedibile il fenomeno nel suo insieme.

britannica e wikipedia · 2006-08-08 by mmzz

Nature ha recentemente ospitato una recente diatriba sull’attendibilita’ di wikipedia, e relativa risposta di enciclopedia britannica.

A mo’ di prova, questa e’ la parte di voce su “open source software” leggibile pubblicamente nell’enciclopedia britannica online: computer software whose source code is put into the public domain, subject to the restriction that any improvements or derived software also include the source code and be put into the public domain.

Confondere open source e public domain e’ chiaramente un errore grossolano, dei piu’ ingenui. Sarebbe utile sapere chi ha scritto la voce. Su wikipedia lo sapremmo.

apocalittici e integrati · 2006-07-29 by mmzz

Un testo di un blog di Lanier, segnalatomi da MT

The beauty of the Internet is that it connects people. The value is in the other people. If we start to believe that the Internet itself is an entity that has something to say, we’re devaluing those people and making ourselves into idiots.

E’ vero.
Devono essersi sentite cosi’ anche le cellule che hanno composto i primi organismi, rinunciando a parte della loro indipendenza e dignita’ di protozoi. :-)

Ugualmente deve essere successo con l’invenzione della scrittura e della stampa. Fidarsi del mezzo e non della persona che tramanda l’informazione: problematico…

Inoltre: If the code that ran the Wikipedia user interface were as open as the contents of the entries, it would churn itself into impenetrable muck almost immediately. The collective is good at solving problems which demand results that can be evaluated by uncontroversial performance parameters, but it is bad when taste and judgment matter. Spiacente, Lanier e’ male informato e troppo frettoloso: il software di wikipedia (wikimedia) e’ open quanto il contenuto…

La rivoluzione digitale e' una vera rivoluzione? · 2006-07-07 by mmzz

Donald J. MacLean, in Ethical Dilemmas In The Global Telecommunications Revolution , pubblicato in Business Ethics
sostiene che quella delle telecomunicazioni e’ una vera rivoluzione.

Questo punto di vista e’ condiviso da diversi autori, storici inclusi.

Intanto, parlando di rivoluzione digitale e telematica parliamo della stessa cosa? Inoltre, si tratta di una vera rivoluzione, inevitabile come il moto delgi astri e totale come un cambiamento di orizzonte? Se si, si tratta di una rivoluzione come quella francese, o assomiglia piu’ a una rivoluzione industriale? O forse a quel cambiamento complessivo di visione che da una rivoluzione tecnica si contagia a una rivoluzione ideologica e viceversa e dilaga nel modo di vivere?

Possiamo identificare nel periodo dal 1995 ad oggi, con la diffusione di Internet, un cambiamento profondo nell’economia, nei principi sociali, etici, nella politica, di tale portata da dire che siamo entrati in una nuova era? O forse siamo su una soglia e alcune cose stanno per accadere?

MacLean, riferendosi al mondo delle telecomunicazioni del 1997, sconvolto dalla diffusione commerciale di Intenet nel 1995, parla della situazione precedente e rileva la crisi dei valori dell’ancien regime nelle sue fondazioni etiche: sia nella dimensione sociale che politica ed economica, innescate dal nuovo credo rivoluzionario.

In questi anni le telecomunicazioni sono diventate la spina dorsale della comunicazione umana, e hanno gia’ inciso profondamente nel tessuto sociale ed economico. Apparentemente hanno coinvolto molto meno quello politico, ma la trasformazione si prepara dal basso, e ha gia’ coinvolto organismi che tradizionalmnte vedevano come interlocutori gli stati, e che stanno imparando a coinvolgere “gli stakeholder”.

Le nuove possibilita’ tecniche, il divario tra koennen e duerfen stanno ricostruendo il tessuto etico, ponendo continue sfide ai valori consolidati. Con la ampliata possibilita’ di partecipazione viene messa in discussione la rappresentativita’, con la possibilita’ di copia e alterazione viene ridiscusso il concetto di autore e di proprieta’, con la costituzione di comunita’ di interressi e’ possibile ridimensionare la preminenza politica degli stati nazionali.

I valori che sono stati alla base della rivoluzione digitale stanno subendo dei duri attacchi: apertura nei processi e nei prodotti, non regolamentazione se non al livello indispensabile, trasparenza delle reti, modularita’, mancanza di coordinamento verticistico. E’ in atto, indubbiamente, una fase di resturazione, in cui vengono difesi antichi privilegi basati su una visione del mondo prima delle telecomunicazioni che vedeva dominanti i mezzi di diffusione fisici del lavoro intellettuale, i settori produttivi protetti, il software proprietario, la governance verticistica.

Questa spinta conservatrice vive oggi una stagione favorevole sotto la bandiera della difesa della “proprieta’ intellettuale”; la brevettabilita’ del software, la criminalizzazione dell’attivita’ di copia, l’imposizione di tecnologie di controllo nell’interscambio di contenuti.

Con indubbio successo invece l’ancien regime si serve dei nuovi strumenti nelle attivita’ di controllo e di dominio, cosi’ come i paladini della restaurazione hanno imparato a organizzare gli eserciti dalla Francia rivoluzionaria. Il rapporto The Emergence of a Global Infrastructure for Mass Registration and Surveillance
di ICAMS (The International Campaign Against Mass Surveillance) ne analizza le pieghe.

Le rivoluzioni si possono perdere e la restaurazione puo’ avere successo. Ma se la gente ha assaggiato abbastanza a lungo i frutti dei nuovi valori, difficilmente questi svaniranno del tutto.

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In internet · 2006-07-06 by mmzz

On the internet, nobody forgets you’re a dog

Percezione dello Spazio · 2006-06-19 by mmzz

A conferma che lo spazio sta cambiando e si sta dotando di attributi significativi sul piano sociale, non percepibili attraverso i sensi, che richiedono di dotarsi di protesi per perceperine le proprieta’.

clothes that sense your digital and social environment

Ancora cyborg · 2006-05-30 by mmzz

Andy Clarke (quello dei Natural born cyborgs) scrive in Author’s Reply to symposium on Natural-Born Cyborgs

Once upon a time, there were beings whose minds were pretty much locked inside their heads. Then some of them developed (never mind how) the beginnings of human-like language. Cultured in the sea of words, these beings gradually learnt to treat their own thoughts as objects for reflection and study. With the invention of text, this process of building better worlds to think in really took off. We modern humans sit unsteadily atop this careening giant snowball of runaway co-adaptation. Our naturally plastic brains are fired in the developmental furnace of nth generation designer environments for thinking and for learning, and our thoughts are the thoughts of hybrid beings strung out between biology and those transformative waves of culture, technology and learning. [...]
When exactly did this snowball start to roll
? And what exactly got it in motion? He wants to turn up the magnification on those critical points in human history (and pre-history), so as to identify the hidden wellsprings of cognitive change.

Ho l’impressione che l’evento sia stato accidentale, e determinato dalla necessita’ di previsione. Ho la tentazione di identificare cio’ che chiamaiamo intelligenza con l’efficacia del processo di previsione, Non tutti sono capaci di prevedere cosa accadra’ all’ambiente in cui vivono. Quelli che lo fanno con maggiore efficacia sono piu’ adatti all’ambiente. Da cio’ deriva la tendenza all’apprendimento. Il linguaggio come strumento per descrivere l’ambiente ne rende la previsione piu’ agevole.

Anche gli artisti… augmented reality.

guerra delle persone giuridiche alle persone fisiche · 2006-05-25 by mmzz

in un seminario sul Digital Divide, un relatore, Alessandro Di Paolo, U,di Pd, auspicava un uso intelligente dell’impresa come via per aprire alla democrazia gli stati dominati dai governi che vedono la diffusione della conoscenza come un ostacolo al loro predominio politico.

Vorrei che fosse vero, e lo avevo auspicato in un precedente post, l’opportunita’ di fare business richiede la pace. Se non bastassero i fatti a smentire, esprimo l’impressione che alle imprese manchi la visione strategica, la capacita’ di previsione, in una parola l’auspicata intelligenza, per vedere la pace come una delle tanta “enabling conditions” che le rendono in grado di fare proficui affari. Cosa che invece sono capacissime di fare le imprese la cui “enabling condition” e’ la guerra e la distruzione.

Inoltre molte delle imprese coinvolte ICT e non solo si scagliano miopemente contro il singolo assicurandosi che non possa cambiare le regole del gioco. Nel riflettere sulle cause di digital divide risulta evidente che mentre una volta prevalevano quelle accidentali, quali isolamento e disabilita’, ora sono quelle intenzionali a dominare la scena: DRM, Internet non neutrale, censura, abuso del controllo.

Questo, aggiunto ai brevetti software, al rifiuto di rivedere i mezzi di redistribuzione dei profitti derivati dalla creativita’, viene a comporre lo scenario di una controrivoluzione digitale in cui gli attori della restaurazione “aristocratica” sono le imprese con luiuto dei governi e di enti sovranazionali, persone giuridiche, mentre il terzo stato sono le persone fisiche,

qui il mio interveto come discussant.

Questo libro mi pare in tema…

Barthes · 2006-05-21 by mmzz

Nella sua lettura inaugurale al college de France nel 1977, Roland Barthes diceva:

Natural born cyborgs · 2006-05-18 by mmzz

In un articolo di Taede A.Smedes, The quest for a new perspective, l’autore riflette sull’iterazione dell’uomo con le macchine, la tecnologia, e sul confine tra individuo e macchina. Un punto cruciale e’ la proposta (del cognitivista Andy Clark) che siamo del natural-born cyborgs, e che quindi il fare uso di tecnologia, l’estendeci con essa sia perfettamente connaturato con l’essere umani. Dice Dmedes: Our relation to technology has become one of symbiosis between humans and machines.

Il passo ulteriore, inevitabile, e’ la visione di quale sia il mondo in cui uomini e macchine vivono in simbiosi:
First of all, the model suggests and presupposes a kind of holistic worldview. Mind, body, and world are closely interwoven and the boundaries between them are fluid. In Clark’s view, seeing mind and body as detached from the rest of the world, is a construct, just as our sense of place, presence, and self are constructs. These constructs are created by our sense of self and person. Perhaps the self and person too are constructs, as in the example of Putnam’s brain-in-a-vat analogy (which was one of the sources of The Matrix) but our sense of them (which is part of our identity) is very real. Moreover, our sense of them is closely linked to our bodily experiences. In other words, this holistic worldview presupposes that our mind is embodied and thus situated.

L’autore, che prosegue con interessanti considerazioni filosofiche e teologiche, non considera una ulteriore conseguenza: la mente, che e’ situata, incarnata in un corpo, ma un corpo esteso alle macchine che usa, e allargato ai possibili contatti ed interazioni, affogato in un ambiente che lo permea, questa mente di conseguenza abita anche le macchine che usa. La mia mente abita il blog che scrivo, e interagisce (starei per dire “in mia assenza”) con il resto.
La corporeita’ non e’ un fatto di confini definiti da superfici (la pelle), ma di estensione e intensita’. Estensione, cioe’ ampiezza della portata delle macchine che la mia mente abita, e intensita’, cioe’ quanto questa azione puo’ essere rapportata a “me”, qualsiasi cosa questa parola sia portata a significare.

Ulteriore, ancora piu’ interessante conseguenza, e che piu’ menti possono coesistere, coabitare in questo corpo diffuso.

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