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Raz: autorità come servizio · 2007-10-15 by mmzz

Joseph Raz (in The problem of Authority) tenta una giustificazione dell’autorità e la delineazione di un criterio per la legittimità della stessa. Chiama questo ragionamento “service conception”, che intende rispondere a due domande che riguardano l’autorità:
“perché i comandi di uno sono un obbligo per un altro?” ovvero qual è lo status della direttiva emanata dall’autorità e “perché uno deve essere soggetto al volere e giudizio di un altro?” ovvero la questione dell’autorità vista in modo più ampio sul piano sociale e morale, cercando la fondazione del vincolo, del legame, il riconoscimento del diritto di comandare.
La distinzione tra le due domande pare sottile, ma la prima domanda si concentra sulla natura dell’obbligo, la seconda sul contesto sociale.

In entrambe le risposte Raz fa appello all’esistenza di ragioni dietro alle azioni e la necessità di conformarvisi.
La prima questione, diciamo teorica o tecnica, viene affrontata con il paragone tra autorità e promessa, entrambe parte del più ampio insieme delle obbligazioni che (con la sola espressione di una intenzione) anticipano dei doveri che prima non vi erano. Cambia il soggetto che esprime l’intenzione (chi promette o l’autorità), ma in entrambi i casi si anticipa un obbligo. Come vi sono delle condizioni perché una promessa sia valida (“binding”) così vi sono delle ragioni perché l’autorità sia legittima. Colui che è soggetto all’autorità ha nei confronti di questa dei doveri, mentre questa ha delle ragioni.

La risposta alla seconda questione (quella morale su quali siano le condizioni di legittimità del comando emesso dall’autorità) viene articolata su due condizioni: (1) che il soggetto si conformerà meglio a ragioni che gli si applicano comunque (cioè non ordini dell’autorità) se obbedisce all’autorità piuttosto che se non lo fa, e che (2) le condizioni sono tali per cui è meglio per lui conformarsi alla ragione che decidere autonomamente.

La seconda condizione può essere riformulata come “l’autorità è legittima solo se agire secondo il proprio giudizio è meno importante che conformarsi alla ragione” pur restando ferma l’importanza morale dell’azione indipendente.
La questione del come conformarsi ad una ragione è importante perché le ragioni che stanno dietro sia all’azione indipendente che a quella derivante dall’autorità si sviluppano diversamente. A un estremo vi è l’azione indipendente: il prendere da soli le proprie decisioni contribuisce a definire la propria identità ed indipendenza. All’altro estremo vi è la necessità di cedere il passo a una autorità per motivi imprescindibili di coordinazione dell’attività sociale, affinché sia garantita la conformità con le ragioni sottostanti.

Raz articola il modo in cui la conformità alle ragioni si sviluppa e manifesta: vi è la capacità razionale che consente di agire in base ad una visione del mondo, le emozioni (azione istintiva e non deliberata) ed infine l’autorità, declinata non solo come legame alla volontà altrui, ma anche promesse, voti e strumenti tecnici che “prendono decisioni per noi”. Si tratta di una scelta anticipata riguardo a un uso differito (e riferito) della propria capacità di prendere decisioni e raggiungere un obiettivo seguendo delle ragioni. L’autorità agisce in modo peculiare: di fatto limita questa facoltà di decidere autonomamente poiché prelaziona (“preempts”) le ragioni di fondo forzando il comportamento dei soggetti in modo che seguano le istruzioni anziché le ragioni stesse. L’autorità cioè emana direttive che rimpiazzano (e di conseguenza rendono non più evidenti) le ragioni di fondo. Queste sono legittime purché l’autorità agisca nell’ambito dei suoi poteri.

Alcune mie riflessioni derivate:

  1. Raz descrive il vincolo tra autorità (che deve avere delle ragioni) e soggetto (che ha dei doveri). Non fa riferimento ad alcuna reciprocità che pure risponderebbe bene alla service conception. Perché il legame funzioni, anche l’autorità deve avere dei doveri nei confronti del soggetto: mi viene in mente la tutela dei diritti che quest’ultimo deve dimostrare di avere in virtù di precise ragioni.Il dialogo tra queste ragioni, quelle dei diritti e dell’identità e quelle della coordinazione, determina l’evoluzione delle norme. Tuttavia si possono rilevare delle asimmetrie in questo dialogo: la prima è che l’autorità dispone del potere. Il monopolio della violenza legittima come estremo mezzo coercitivo sta sullo sfondo del dialogo più “protocollare” tra autorità e soggetto. Inoltre vi è una seconda asimmetria: mentre l’autorità prelaziona le ragioni (e in questo modo le “cancella” rendendole “invisibili”) dietro a un provvedimento formale, il soggetto deve manifestare le sue ragioni per vedere tutelato un diritto. A questo pone rimedio in parte il riconoscimento costituzionale, che si pone formalmente. Tuttavia la ragione dietro al diritto resta visibile e ne costituisce un contenuto che va oltre la forma. Questa visibilità delle ragioni dietro alla norma dovrebbe renderla più forte, ma in realtà la espone ad una interpretazione in modo più ampio che se fosse una norma della quale è visibile solo la forma.
  2. Le ragioni non sono uniche, e si confrontano tra loro. Raz affronta il problema del conflitto di leggi e del loro rango, ma non quello delle ragioni.Il suo punto di vista non essendo politologico ma giuridico (e positivo), questo è logico. Tuttavia il modo in cui le norme si formano e in cui prendono in considerazione le ragioni (e soprattutto le ragioni di chi ) non può non essere un elemento per considerare la loro legittimità.
  3. Il fatto che le norme perdano le loro ragioni (per la tesi della prelazione) o che perlomeno non sia possibile, nel contesto sociale, fare riferimento ad esse direttamente, apre un problema sulla loro interpretazione. Se la legge è la traduzione di una ragione da parte di una autorità destinata ad un soggetto, e se quest’ultimo non può più effettuare la traduzione inversa, ossia accedere alle ragioni attraverso le norme, il processo (in senso semeiotico) è una cifratura, una codifica cifrata di cui la chiave è stata buttata via. Si potrebbe ragionare sul fatto che l’autorità che produce la legge butta via una chiave che poi spetta ai giudici ricostruire, volta per volta.
  4. E’ suggestivo il continuum tra identità e coordinazione collettiva. Potrebbe essere un metro su quale misurare ambiti sociali, società, valori. Apre questioni interessanti quali: c‘è più di un modo per calare nella società combinazioni diverse delle stesse ragioni ? Che cosa queste diversità indicano? che cosa nascondono? Obbediscono a diversi principi che possono essere identificati? Ad esempio le combinazioni tra le ragioni dell’ambiente e dell’impresa industriale possono assumere varie combinazioni di provvedimenti più o meno sbilanciati verso la indipendenza dell’azione o verso il coordinamento dell’azione per ciascuno dei due soggetti.