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Fotografia e arte · 2007-09-03 by mmzz

Il fotografo (ad esempio Renzo Saviolo in una sua presentazione, ma non è l’unico) ci dice che l’immagine da lui fermata perpetua il presente e uccide la morte: e’ il miracolo del fermare il tempo. Sara’ sicuramente un miracolo, ma perché mai dovrebbe essere arte? Non serve un fotografo, basta qualcuno che scatti fotografie per compiere il prodigio. Forse a questo pensava il tale che ha inventato la macchina fotografica da mettere al collare del proprio cane, promuovendolo inconsapevole immortalatore dell’eterno canino presente dei luoghi da lui visitati. No, c‘è molto di più che il presente in una fotografia, e molto meno.
La realtà non sopravvive alla propria immagine, ma svanisce vittima del tempo, come tutto. Persa e’ la terza dimensione, perso e’ il flusso del tempo, perso (nel bianconero) il colore, perso l’odore, il rumore, il caldo o il freddo, la fatica, il peso sulla schiena e la macchina nelle mani, persi gli stati d’animo, la ricerca dell’inquadratura, le distrazioni e la luce negli occhi. Tutto questo svanisce o rimane nella memoria, trasfigurato in qualche modo. Solo qualcosa di questo si riversa nel frammento di superficie piana della pellicola, e molto di più vi si aggiunge. Ciò che genera l’inquadratura e la motiva e’ ben altro: e’ una visione, cioè un vedere oltre il guardare. La realtà e la sua visione sono cose ben diverse, infinitamente distanti. La visione si ispira dalla realtà e la interpreta, la trasfigura, ne svela la profezia nascosta: qualcosa che e’ colto in un lampo di bellezza, in un’armonia nascosta o in una dissonanza stridente. Un intreccio, una increspatura nella luce, uno scherzo delle superfici che passando da due a tre dimensioni lanciano un messaggio, l’ironia di una coincidenza, come un cane che guarda il fotografo di strada che immortala il pittore di strada, e lo riflette nello stesso scatto. Una crisi della realtà come la bruciante sofferenza di un volto nel suo fango o nella sua malattia, l’intuizione furbesca della imprevedibile scia di luce lasciata da un tempo lungo, oppure l’inattesa pace di un paesaggio dall’inquadratura composta scrupolosamente. Questo da sempre l’artista vede oltre il reale, e rappresenta.
Talvolta la visione resta chiusa e incomprensibile, segreto di chi ha cercato di comporla in un fotogramma, altre volte la sua trasmissione e’ potentemente efficace. In certi casi va oltre le aspettative, esce dal quadro ed esplode in una profondità inattesa, sorprendente: l’immagine diviene un pretesto per una più profonda meditazione, come quella di chi vede se stesso che guarda, riflesso nel vetro che dovrebbe proteggere l’immagine e invece la spalanca , vi si fonde e vi si scopre immerso. In altri casi chi guarda l’immagine non ha nemmeno bisogno di esservi traghettato dentro dal vetro-specchio: il miracolo si compie spontaneamente, siamo partecipi della visione, e commossi.

In questi miracoli, e non nel tempo inchiodato, vedo l’arte.
Di tempo ce n‘è tanto, sono le emozioni che lo rendono degno di essere ricordato. Arte, con la sua brava tecnica, è lo scatto che ferma l’emozione.