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Creatività, scienza e codice · 2008-04-19 by mmzz

Per Kuhn (the structure of scientific revolutions, 1962 1 ) la teoria scientifica creativa ed innovativa emerge (e viene accettata diffusamente) solo quando è in grado di spiegare alcuni (pochi) problemi percepiti come gravi (recognized as acute p.23) che la vecchia teoria non spiega. Il nuovo paradigma potrebbe comunque non spiegare altre questioni. Il paradigm shift non avviene in modo indolore, ma attraverso competizione, conflitti, tensioni e scissioni, con alcuni scienziati che rimangono fedeli al vecchio paradigma o a teorie concorrenti. Una volta consolidata la rivoluzione, i manuali scientifici la nasconderanno (p.137) e presenteranno lo spostamento di paradigma mimetizzato da evoluzione progressiva costellata da eventi creativi illuminanti, contribuendo alla costruzione della mitologia del progresso scientifico.
Eccezion fatta per questi rari momenti di frattura creativa, la scienza si sviluppa attraverso la normal science , una attività definita di puzzle solving che si svolge secondo regole molto precise, più propriamente associabile al concetto di progresso e al termine “scienza”.
L’evento di riorientamento del paradigma viene descritto (p.85) come “picking the other end of the stick”, processo che porta a gestire gli stessi dati mettendoli tra loro in relazioni differenti.
La lingua, il dualismo significante/significato può avere un ruolo cruciale: al centro delle rivoluzioni, della creatività, vi è lo scardinamento una intera galassia semantica associata ad un significato e l’attribuzione di una nuova significazione. Kuhn porta l’esempio di ciò che accadde alla palrola “Terra” con la rivoluzione copernicana:
Consider the men who called Corpernicus mad because he proclaimed that the earth moved. They were not either just wrong or quite wrong. Part of what they meant by “earth” was fixed position. Their earth, at least coud not be moved. Correspondingly, Copernicus’ innovation was not simply to move the earth. Rather […] it was a whole new way of regarding the problems of physics and astronomy, one that necessarily changed the meaning of both ‘earhth’ and ‘motion’. Without those changes the concept of a moving earth was mad (p.149)
Analogamente, al termine “spazio” si sovrappone l’attributo “curvo” solo con la rivoluzione relativista Einsteiniana, operazione prima impossibile nello “spazio euclideo”. In questo Kuhn raggiunge Koestler 2, con la sua teoria della bisociazione, cioè associazione tra termini in conflitto.
La mia riflessione segue il filo di pensiero del codice…

Traggo conferma che la lingua non si limita per nulla a rappresentare ma prescrive, ordina e regola. E’ cioè una descrizione+prescrizione e un ordinamento+regola (répartition et commination – Barthes). Questa proprietà è ciò che consente a chi usa la lingua di comunicare, cioè prendere parte alla vita sociale. Ma non solo: la lingua consente di agire internamente il mondo “esterno” che essa rappresenta (umwelt – Uexkull). In sostanza consente di funzionare. La doppia capacità di rappresentare e fornire le informazioni per il funzionamento è ciò che io chiamo in senso più ampio codice. La “verità” di un enunciato consente un funzionamento migliore, una maggiore prevedibilità, uno “falso” l’opposto (perciò più un enunciato è condiviso, più è “vero”). Il codice della scienza rende il mondo prevedibile, consente a soddisfare le attese nei confronti dell’ambiente. Per questo motivo la scienza è molto conservatrice e non abbandona mai un paradigma se non ne ha pronto uno che spieghi meglio cioè in modo più soddisfacente, in modo da poter enunciare solo enunciati “veri”. Analoga funzione svolgono le leggi e le norme sociali che rendono prevedibile il comportamento dell’individuo nella collettività. In ciò descrivono e prescrivono, e la loro “verità” può essere messa in relazione con la loro effettività. La lingua, alla base della comunicazione verbale, la rende prevedibile, essendo ugualmente descrittiva e prescrittiva.

Questo comporta (almeno) tre problemi: chi stabilisce le regole (il problema dell’autorità ) e cosa succede se qualcuno le viola, e come rendere possibile il loro necessario cambiamento. I due ultimi problemi sono in relazione. Sia la violazione della regola che l’alterazione del codice, sono entrambe operazione “creativa”. La violazione della regola equivale alla proposta di un codice radicalmente diverso, rivoluzionario, mentre l’evoluzione progressiva del codice è problema diverso. L’aspetto creativo emerge in modo più evidente nel primo caso, ma con quali conseguenze? Ispirandomi a Koestler: (1) porta a ribellione e rifiuto: un pazzo o un criminale possono voler asserire, trasmettere un codice che porterebbe ad una alterata o sovvertita possibilità di agire il mondo e sconvolgere la corrispondenza tra ordine interiore e il mondo, imponendo un diverso modo di funzionare.
(2) procura il riso, che segue il rilascio della tensione emotiva seguente alla scoperta che la falsità asserita era intesa effettivamente come tale, e non come verità, e che nessuno pretende che seguiamo un codice errato, ma solo che comprendiamo quanto assurdo e paradossale sarebbe farlo. Lo scarto tra la nostra percezione del come funziona il mondo e la proposta è totalmente irrealistica. Non ci sogniamo di seguirla.
(3) Suscita l’ammirazione che segue l’apertura di un nuovo mondo interiore, una impressione appena formatasi, una nuova prospettiva di senso per un segno precedentemente inteso in modo diverso, una comprensione. Una nuova rappresentazione che offre nuove, inattese possibilità di un funzionamento migliore, di una maggiore prevedibilità, Un nuovo paradigma.

La seconda riflessione è che la creatività si accompagna sia con la cooperazione che con il conflitto.Cooperazione perché l’innovazione non può avvenire che nell’ambito di un paradigma consolidato, di un codice funzionante e attuale, seguito e condiviso da molti. Conflittuale perché con questo si pone in opposizione dialettica.

Questo mi ricorda Karcevskij 3, che studia la trasposizione del valore semantico del segno: i valori formali catturano quelli semantici, ma ogni significato entra in una rete sinonimica, un raggruppamento organizzato di rappresentazioni. La trasposizione consente (o vieta) di spostare questa attribuzione di un valore formale a un ambito semantico. La mia visione di questo fenomeno, con metafora Shroedingeriana, è quella di un segno opaco, indefinibile, il cui significato vibra all’interno di una nuvola di campi semantici molto ampia, con alcune zone particolarmente frequentate e altre decisamente proibite, sovrapponendosi ad altri segni, secondo serie omonimiche, omofoniche e sinonimiche. L’enunciazione, l’atto di produzione della parole in un collocata in un enunciato, in un discorso, situato in un contesto, da una data persona, in un dato tempo e periodo storico, fa collassare il segno in stati di significato sempre meno ampi, sempre meno opachi, più circoscritti e definiti. La collocazione in una rete di significati che ne escludono altri permette al segno di acquistare un senso sempre più preciso.
L’atto creativo libera il segno da alcuni di questi vincoli, e libera energia. La trasposizione di un significante verso un diverso significato consente all’atto creativo di portare a un senso, cioè di comprenderlo, riconducendolo a una nuova significazione.

Note:
1 – Le citazioni da Thomas Kuhn si riferiscono alla terza edizione inglese (1996, U.of Chicago)
2 – Dal seminario del prof.Prampolini su creatività, variazione, ripetizione . Padova 18-4-08
3 – Dal seminario su Karcevskij della dott.ssa Malika Pila, Padova, 13-03-08