mente e corpo, hardware e software, dati e programmi: dualismi illusori · 2008-08-13 by mmzz
Gilbert Ryle, in Il concetto di mente, riflette e argomenta attorno al binomio mente/corpo. Alcune osservazioni contro la loro contrapposizione, benchè scritte nel 1949, sono adattissime al binomio hardware/software al quale siamo abituati oggi (e che spesso viene usato come analogia a quello mente/corpo).
Dice Ryle: Se la mia argomentazione funziona, ne deriveranno alcune conseguenza interessanti. Primo, si dissolverà la venerata contrapposizione tra mente e materia, ma questo non già in virtù dell’altrettanto venerata assimilazione della mente alla materia o della materia alla mente, bensì in modo completamente differente. Infatti si scoprirà che l’apparente contrapposizione tra mente e materia è illegittima proprio come lo sarebbe contrapporre “Tornò a casa in un fiume di lacrime” a “Tornò a casa in una portantina”. Ritenere che mente e materia siano opposte in maniera antitetica significa credere che si tratti di termini appartenenti al medesimo genere logico. Ne segue che tanto l’idealismo quanto il materialismo rispondono ad una domanda non appropriata. “Ridurre” il mondo materiale a stati e processi mentali, così come “ridurre” stati e processi mentali a stati e processi fisici, sono operazioni che si basano sull’assunzione che sia legittima la disgiunzione “O esistono menti o esistono corpi (ma non entrambi)”. Ma questo sarebbe come dire: “O ho comprato un guanto sinistro e un guanto desto, oppure ha comprato un paio di guanti (ma non entrambe le cose)” Il ragionamento mi pare estremamente adatto al dualismo hardware/software. Non sarebbe possibile riprodurre la dialettica idealista/materialista in ambito informatico: un computer è hardware oppure software? Non solo di solito l’uno prevede l’altro, ma il confine tra i due è labile, spostabile quasi sempre a piacere (e più per motivi di costi industriali che tecnici). Un altro dualismo che si presenta spesso è quello doti/programmi: i dati sono ciò su cui i programmi agiscono. In molti dei linguaggi evoluti (a partire da lisp) il confine si confonde, e non è più possibile parlare di dati contrapponendoli ai programmi. (Basta vedere le lezioni di Abelson e Sussman Structure and interpretation of computer programs)
In linea generale, mi pare che questi dualismi hanno una funzione dialettica, ovvero servono a separare quella che è una evidente unità in aspetti funzionali che appaiono distinti e che è utile considerare tali (interessante indagare le ragioni dell’utilità): da una parte il corpo, la materia, l’hardware, i dati come oggetto di azione ovvero cose agite e dall’altra la mente, il software, il programma, ovvero i principi dell’azione stessa. Lungi dall’essere inutile, questa contrapposizione dialettica ricorda Peirce, nella sua oscura distinzione (intuizione) della triade primità, secondità, terzità: azione, oggetto di azione, complesso risultante.
La cosa agita ,sola, è cosa morta. Il principio d’azione, solo, è impotente.
Peirce dice esplicitamente: Firstness is the mode of being of that which is such as it is, positively and without reference to anything else. Secondness is the mode of being of that which is such as it is, with respect to a second but regardless of any third. Thirdness is the mode of being of that which is such as it is, in bringing a second and third into relation to each other (CP 8.328) e addirittura identifica l’aspetto mentale nella terzita’ e quello dell’azione “bruta” nella secondita’: If you take any ordinary triadic relation, you will always find a mental element in it. Brute action is secondness, any mentality involves thirdness (CP 8.331-332)
e ancora: “Careful analysis shows that to the three grades of valency of indecomposable concepts correspond three classes of characters or predicates. Firstly come “firstnesses,” or positive internal characters of the subject in itself; secondly come “secondnesses,” or brute actions of one subject or substance on another, regardless of law or of any third subject; thirdly comes “thirdnesses,” or the mental or quasi-mental influence of one subject on another relatively to a third.” (‘Pragmatism’, CP 5.469, 1907)
Un collegamento tra Ryle e Peirce e’ quindi possibile nel fatto che “il mentale” e’ qualcosa che richiede un oggetto e un’azione, ma che non puo’ separarsi da esse. L’azione e l’oggetto agito, per il fatto che si verifica l’azione costituiscono assieme una nuova entita’, di origine “mentale”. Tornando all’esempio di Ryle, l’oggetto guanto destro e quello guanto sinistro, per via dell’azione di infilarsi i guanti digenvono la coppia di guanti. Ma cosa significa in questo caso “mentale”? la percezione della terzita’, non viene in prima battuta dai sensi, ma esiste ed origina da un rifrangersi delle esperienze (di oggetti agiti) precedenti. Tornando al problema di Ryle, la mente e il corpo non possono essere distinti in quanto l’esperienza (la terzieta’) che chiamiamo la mente e’ il frutto dell’oggetto (primita’ – il corpo) e della sua azione (secondita’ – il vivere il/nel/col/attraverso il corpo). Infatti senza vita non vi e’ mente.
Osservazione (embrionale) ulteriore: e’ proprio grazie all’azione che oggetto si distingue da oggetto, e una unita’ si separa (per via della funzione distinta) in due. Un singolo sistema organico, completo in se delle proprie funzioni, si separa in oggetti distinti che hanno tra loro una relazione (agiscono uno sull’altro) ed eventualmente possono essere colti, percepiti nel loro interagire, come una terzita’, cioe’ un tutto di nuovo unico, ma di ordine superiore. Viceversa puo’ darsi che due oggetti distinti siano funzionalmente cosi’ uniti da essere percepiti sensibilmente, in prima battuta, come un uno. Separazione dell’uno in due, e unione del due in uno.
Annotazione a margine: Peirce acutamente ma in modo oscuro introduce nella terzita’ la previsione, cioe’ la capacita’ di compiere (fulfill) azioni secondo leggi universali: This mode of being which consists, mind my word if you please, the mode of being which consists in the fact that future facts of Secondness will take on a determinate general character, I call a Thirdness. Lowell Lectures, CP 1.26 Questa intuizione si collega assai bene alla mia (?) definizione di intelligenza come capacita’ di previsione.