la crisi e il capitalismo anarchico: non avrà mica ragione Rothbard? · 2008-12-25 by mmzz
Sono francamente sconcertato dalla lettura di Rothbard, capitalista radicale (anarchico) che contesta il ruolo dello stato. Sto riflettendo da tempo sullo stato e sul fatto che ci paia naturale come l’aria (é cioè riuscito a passare dall’ideologia al senso comune ed essere naturalizzato) mentre non lo è affatto. Sono sorpreso di leggere in “lo stato falsario” (What Has Government Done to Our Money?): Tutti questi limiti, naturalmente, si basano su una fondamentale obbligazione: il dovere delle banche di rimborsare a vista i propri debiti. Abbiamo visto che nessuna banca con riserva frazionaria può rimborsare tutte le proprie passività; e abbiamo anche visto che questo è il rischio che ogni banca si assume. Ma, ovviamente, per qualsiasi sistema di proprietà privata è essenziale che gli obblighi contrattuali siano adempiuti. La maniera più brusca che ha il governo per promuovere l’inflazione, allora, è di garantire alle banche lo speciale privilegio di rifiutare di pagare i loro debiti, e di continuare nella loro attività. Mentre ogni altro soggetto deve pagare i propri debiti o va in bancarotta, ALLE BANCHE È CONSENTITO di rifiutare la restituzione di quanto incassato e, al tempo stesso, è consentito loro di obbligare i propri debitori a pagare quando i prestiti arrivano a scadenza. L’espressione tipica per descrivere ciò è una “sospensione dei pagamenti in moneta metallica”. Un’espressione più corretta sarebbe “AUTORIZZAZIONE AL FURTO”; perché in quale altro modo possiamo definire un permesso governativo a continuare l’attività economica senza onorare i contratti?
E’ esattamente ciò che gli stati stanno tutelando oggi, con le tasse dei contribuenti: il diritto delle banche di truffare i risparmiatori e il mercato minacciando il fallimento, sapendo che gli stati non permetteranno che accada, visto che ciò minerebbe l’esistenza dello stato stesso. Quello che il “mercato” non considera (o meglio non dice ai risparmiatori) è che questo giochetto costerà caro in termini di inflazione, perciò lo slogan “i tassi devono scendere” è prescrittivo, non descrittivo. Cioè esprime un ordine o meglio un auspicio, non l’estrinsecazione di una “legge” di mercato. I tassi saliranno di nuovo, per effetto della moneta stampata per risollevare le banche (e coprire le truffe) e favorire i consumi.
Il problema che questa crisi non ha posto nei termini reali è: che rapporto c‘è tra Stati e banche? A cosa servono gli uni e le altre? O meglio: servono ancora a qualcosa e qualcuno oltre che se stessi? Gli stati onorano la promessa contratta con gli elettori e li tutelano da interessi sovranazionali e sovrastatali o piutostto sono venduti nella persona dei loro governi agli attori delle speculazioni, elite delle elite? O peggio ancora ne sono strumenti inconsapevoli, o ancora peggio nessuno sa cosa succede e il primo furbo ne approfitta?