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il deserto rosso · 2007-12-27 by mmzz

Una delle scene finali di il deserto rosso
di Antonioni ospita un dialogo (o meglio monologo) delle protagonista Giuliana (Monica Vitti) che mi piace molto: “ Io non posso decidere … perché non sono una donna sola … per quanto … a volte … è come … separata … no, non da mio marito, i corpi … sono … separati. Se lei mi punge, lei non soffre … eh? Cosa stavo dicendo? Ah, sì … Io sono stata malata, sì … ma non devo pensarci, cioè io non devo pensare che tutto quello che mi capita è la mia vita … ecco … mi dispiace … Scusi.”

La prima cosa riguarda la separatezza dei corpi. Siamo un uno che si punge e si fa male, ma in luoghi e modi diversi, perciò appare che siamo distinti: per restare nell’ambito del film, ha senso che se il pianeta è in pericolo, una nazione ratifichi l’accordo di Kyoto e un’altra no? Uno ferisce, l’altro soffre, ma siamo uno. E’ il modo a volte perverso in cui vediamo una nostra identità, e ci rifiutiamo di vedere l’identità più vasta, più ampia, le appartenenze meno ristrette ma più cariche di significato e di senso. Ci limitiamo a vedere il corpo immediato, l’orizzonte sensoriale più ristretto, senza cogliere la profonda unità che costituisce una identità più vasta.
Questo dipenda da come guardiamo i confini, le closure, l’orizzonte in cui la pressione dell’identità interiore si confronta con quella dell’identificazione che proviene dall’ambiente sociale. In deserto rosso, solo la protagonista sembra percepire un orizzonte oltre quello dettato dall’identificazione produttiva di tipo economico-sociale. Gli altri sono confinati in identificazioni dettate dal lavoro, e non soffrono della dolorosa percezione dell’ampiezza della sfera dell’identità che percepisce Giuliana, al confine della dispersione dell’io nell’ambiente meraviglioso della spiagga rosa di fiaba, in cui “tutti cantano”. La protagonista è “malata” di divenire tutto ciò che guarda, e il dolore è acuito dal fatto che il suo sguardo si posa su un ambiente industriale avvelenato e una natura inquinata. Perciò racconta la fiaba dell’impossibile spiaggia rosa e si rassegna volonterosamente a vivere.

La seconda cosa è la frase tutto quello che ti può capitare è solo la vita la cui scoperta personale mi aveva rasserenato diversi anni fa come un’illuminazione. Tuttavia molte cose possono capitare nella vita, ed è difficile rinverdirne la sensazione rasserenante.