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"X" è un X · 2008-11-05 by mmzz

la trahison de magritte
Un sistema é composto da elementi che singolarmente stanno tra loro in relazioni di input/output ad un dato livello N. Il sistema a sua volta può essere elemento di un sistema di ordine N+1, in relazione con altri sistemi dello stesso ordine N+1.

Ogni volta che, considerando un sistema così fatto, può essere reputata valida una affermazione del tipo « “X” è un X» l’affermazione può essere considerata un elemento di raccordo tra i due ordini del sistema, riferendosi simultaneamente ad entrambi i livelli a cui lo stesso termine X appartiene legittimamente.

Ad esempio in un sistema linguistico: « “sostantivo” è un sostantivo» indica che il termine “sostantivo” ha valenza sia come stringa ben formata a livello grammaticale (N), ma anche che fa parte di una frase dotata di senso a livello semantico (N+1). Non sono invece considerate valide le affermazioni «“verbo” è un verbo» o «“cacciavite” è un cacciavite» E’ chiaro che il giudizio di validità dipende dal soggetto che lo formula in relazione con la comunità di cui fa parte, che stabilisce le regole grammaticali, il campo semantico e le regole di validità del giudizio. Ma ciò non è l’oggetto di queste righe: si veda qui come la penso in merito.

E’ importante a questo punto notare che la capacità di far fare un salto dal livello N a quello N+1 non sta in qualche proprietà delle varie X, e nemmeno della stringa “è un” ma nelle virgolette. Infatti se scrivo «sostantivo è un sostantivo» o «cacciavite è un cacciavite» (senza virgolette) non ottengo lo stesso risultato, ma dei truismi o enunciati ai quali è difficile attribuire un senso.

Al posto delle virgolette posso usare altre notazioni, come «/segno/ è un segno» oppure con minor efficacia, usando qualche accorgimento tipografico come l’italico o il maiuscoletto, ecc: «stringa è una stringa» ,

In questo genere di espressioni il primo X, quello tra virgolette, diventa argomento (funtile) del secondo X interpretato come funzione. Questo genere di espressioni sono ricorsive («“ricorsivo” è ricorsivo») e autoreferenziali, ma per “funzionare” richiedono l’operatore virgolette (o un suo equivalente) che consenta di compiere il “salto” da un livello N a quello N+1 e viceversa, e porre in relazione i due livelli. Le virgolette diventano in questo contesto un segno di segno, ovvero avvisano l’interprete-lettore che ciò che racchiudono è un segno e che ad esso va applicato un processo di astrazione di contesto che porti l’attenzione ad un livello inferiore: va considerato in senso letterale e non interpretato. Le virgolette sono un metasegno.
Peraltro in questo stesso testo ho dovuto usare anche i segni “« »” per consentire al lettore di effettuare la stessa operazione di isolamento per intere frasi nel contesto del presente discorso.

L’operazione di Magritte (che ritrae dei nudi d’oggetti) nel celebre “la trahison des images” è quella di porre le virgolette senza le virgolette usando il pennello e ritraendo l’oggetto “tradito” in vario modo: dalla sua immagine (quella della pipa dipinta), dall’immagine dell’immagine (la parola “pipa”) e dall’immagine dell’immagine dell’immagine (il quadro di Magritte stesso). Possiamo chiederci, in questo articolato contesto, se «“pipa” è una pipa?»