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Il tempo globalizzato della crisi finanziaria e il rovesciamento del genitivo · 2008-10-12 by mmzz

Nonostante il disagio che talvolta provo confrontandomi con la semantica marxista (sia perché non la conosco abbastanza, sia perché ha l’ineluttabilità spietata di un sistema chiuso che tutto spiega e nulla eccezione ammette), non posso non apprezzare alcuni frammenti di Guy Debord ( La société du Spectacle , III ed. francese, 1992): mi paiono significativi specie alla luce delle recenti vicende sulla crisi finanziaria globale. In estrema sintesi ecco quanto questi tre frammenti rappresentano:

Il tempo ciclico, proprio della produzione agricola, viene stravolto dalla produzione capitalistica e (n.144) rafforzato dal telos cristiano e dal concetto di progresso. Il tempo viene mutato in un tempo lineare ed irreversibile la cui freccia è quella della produzione economica. Mentre la storia nel tempo ciclico era guidata dalla classe dominante in un quadro di riferimento dato e il cui mutamento era limitato dalla cornice dalla tradizione, invece nel tempo irreversibile, per le esigenze della trasformazione del capitale, muta in modo radicale coinvolgendo natura e società, trascinando con se in modo implacabile gli individui.

Per Debord questa trasformazione è globale. La globalizzazione comporta la riunificazione non solo dei mercati ma del tempo e dei ritmi: la giornata è quella del mercato mondiale, ovunque e per tutti, e la Storia “non canta più gli uomini e le loro armi, ma le merci e le loro passioni”,

Mi pare di trovare conferma di quanto D. pensava nella rappresentazione che in questi giorni ci offrono i mercati, le imprese, la politica internazionale: il propagarsi —nell’eterno giorno delle piazze di borsa— dell’onda delle emozioni che lo spettacolo produce, le rappresentazioni sulle scene minori con attori che inducono nel pubblico (pagante) panico o fiducia, convinti come sono di recitare in una commedia o in una tragedia, il tutto sulla pelle di gente che spesso fatica a “recitare” una vita decente secondo un copione scritto da altri.

Un ulteriore commento nasce da quello che D. chiama “le renversement du génitif” (il rovesciamento del genitivo, n.206). Lui lo applica —come metodo— alla tecnica mediatica del detournement per smascherare la menzogna dello spettacolo, ma il significato è più profondo: ciò che possiedi a sua volta ti possiede. Se le merci che produciamo e possediamo sono il fulcro attorno al quale il nostro mondo gira, non possiamo non esserne a nostra volta posseduti (e in qualche misura a nostra volta prodotti), e girare con esse.

E’ forse perfino possibile abbozzare una indagine di questa relazione di rovesciamento del genitivo: la relazione mia con l’oggetto costituisce un tutto di ordine superiore (una terzietà Peirceiana) che comporta una costruzione in cui io stesso posso essere simmetricamente agito dall’oggetto così come esso è agito da me. Un esempio significativo mi pare quello che Bernanos faceva riferendosi al soldato: nell’uomo col mitra […], l’accessorio non e’ il mitra ma e’ l’uomo. L’uomo di cui parlo e’ al servizio del mitra, e non già il mitra al servizio dell’uomo; non è “l’uomo col mitra” ma “il mitra con l’uomo”. Il disagio che provo nei confronti della teoria marxista è proprio la sua visione costantemente rovesciata del genitivo: noi crediamo di controllare lavoro, economia, mercati, rapporti di classe, ma ne siamo invece sistematicamente dominati. Tuttavia gli eventi recenti ne darebbero ampia testimonianza: la sfera sociale e politica non domina il mercato liberale finanziario nel 2000 come non dominava quello liberale delle merci negli anni ’30, ma al contrario ne è dominata e così coloro che investono in azioni ne sono investiti. Si potrebbe perfino leggere una regolarità: ogni trasformazione —specie se brusca— dei rapporti tra società e l’“oggetto” mercato , per via delle varie forme prese dal capitale e dalle forme di produzione (da agraria a industriale liberale, a keynesiana, a globalizzata-finanziaria e ora —forse— a post-finanziaria) comporta una re-azione violenta sulla società stessa da parte di quello che dovrebbe essere un oggetto da essa agito.

Ma ecco i tre frammenti:
Le mouvement constant de monopolisation de la vie historique par l’État de la monarchie absolue, forme de transition vers la complète domination de la classe bourgeoise, fait paraître dans sa vérité ce qu’est le nouveau temps irréversible de la bourgeoisie. C’est au temps du travail, pour la première fois affranchi du cyclique, que la bourgeoisie est liée. Le travail est devenu, avec la bourgeoisie, travail qui transforme les conditions historiques. La bourgeoisie est la première classe dominante pour qui le travail est une valeur. Et la bourgeoisie qui supprime tout privilège, qui ne reconnaît aucune valeur qui ne découle de l’exploitation du travail, a justement identifié au travail sa propre valeur comme classe dominante, et fait du progrès du travail son propre progrès. La classe qui accumule les marchandises et le capital modifie continuellement la nature en modifiant le travail lui-même, en déchaînant sa productivité. n.140

??La victoire de la bourgeoisie est la victoire du temps profondément historique, parce qu’il est le temps de la production économique qui transforme la société, en permanence et de fond en comble. Aussi longtemps que la production agraire demeure le travail principal, le temps cyclique qui demeure présent au fond de la société nourrit les forces coalisées de la tradition, qui vont freiner le mouvement.
Mais le temps irréversible de l’économie bourgeoise extirpe ces survivances dans toute l’étendue du monde. L’histoire qui était apparue jusque-là comme le seul mouvement des individus de la classe dominante, et donc écrite comme histoire événementielle, est maintenant comprise comme le mouvement général, et dans ce mouvement sévère les individus sont sacrifiés.?? n.141

Avec le développement du capitalisme, le temps irréversible est unifié mondialement. L’histoire universelle devient une réalité, car le monde entier est rassemblé sous le développement de ce temps. Mais cette histoire qui partout à la fois est la même, n’est encore que le refus intra-historique de l’histoire. C’est le temps de la production économique, découpé en fragments abstraits égaux, qui se manifeste sur toute la planète comme le même jour. Le temps irréversible unifié est celui du marché mondial, et corollairement du spectacle mondial. n.145