Il segno nullo · 2008-05-23 by mmzz
Sono incappato nel “segno nullo”. Parlo del segno il cui significante esiste,
ma il cui significato e’ “l’assenza di significato” (o “”). Si tratta in
definitiva di una rappresentazione del nostro tentativo di “catturare” il
concetto di nulla. Concetto che a dispetto della sua assenza riusciamo a
maneggiare benissimo, non tanto perche’ si possa effettivamente maneggiare
il nulla (cosa su cui non voglio affermare alcunche’), ma per altri due
motivi: (1) che’ e’ sempre un “nulla” relativo: una assenza di qualcosa,
piu’ che una presenza di nulla o assenza di tutto, e (2) perche’ possiamo
benissimo percepire l’assenza di qualcosa che c’e’, a condizione che
questa “dica” di non esserci.
Alcuni esempi: lo spazio tra le parole e’ (1) e’ relativo, cioe’ e’ una assenza di inchiostro ma non un buco nel foglio, inoltre mette in relazione le parole che lo circondano e (2) dice: “qui non c’e’ nessun segno”, quando beninteso cio’ non e’ vero, in quanto lo spazio stesso e’ un segno. Altro esempio e’ la scritta “this page is intentionally left blank” che si trova ni manuali informatici a fogli mobili o in certi documenti legali. In questo caso il senso del messaggio è chiaro, anche se risulta del tutto insoddisfacente il modo in cui questa convinzione viene raggiunta: infatti cio’ che il messaggio esprime chiaramente lo fa a dispetto di una menzogna: il foglio non e’ piu’ blank dal momento in cui vi viene scritto qualcosa. Si potrebbero fare considerazioni analoghe sullo zero e altri segni convenzionali con funzione simile.
G. mi scrive che nei codici antichi la scrittura era continua, cioè non si staccavano le parole. Questo rendeva necessario leggere ad alta voce. L’assenza del segno “vuoto” rende evidente il legame profondo della scrittura con la parola parlata: e’ il
feedback acustico, attraverso l’ascolto, a introdurre la separazione tra parole nel flusso scritto .
Update: Roland Barthes parla del segno nullo in Le neutre.
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