A=B ? · 2007-11-02 by mmzz
A=B è chiaramente sbagliato. Se A è A, come puó essere uguale a B, che non è A? A puó essere uguale solo ad A (A=A).
Quanto ho appena scritto sarebbe vero per l’uguaglianza “A”=“B”, ma il solo fatto di porre in relazione due oggetti non identici con una relazione di uguaglianza significa che uguaglianza e’ cosa diversa da identità.
Eppure tra uguaglianza ed identità vi è una forte relazione. Se dico A=B, sapendo che solo A e’ identico ad A e B e’ identico a B, voglio indicare che vi e’ una forma di identità anche tra A e B, anche se rappresentate da segni che sono diversi. Uguaglianza e’ un modo per comporre identità e diversità.
Inoltre va detto che A è cosa diversa da “A”. Il segno “A” rappresenta un significato A. In “A=B” ne A ne B rappresentano se stessi, ovvero i segni “A” e “B”, ma altro. Cioè sia A che B sono indicatori, etichette, variabili, maniglie attraverso le quali si vuole maneggiare, accostare, indicare qualcosa di diverso da “A” e “B”.
Ciò che “A” e “B” stanno ad indicare dipende dal particolare contesto in cui l’espressione “A=B” si trova,
Probabilmente vogliamo significare, attraverso il segno “A” una realta’ ampia e complessa, che viene ricompresa e riassunta in un solo segno, che la identifica e così ne riassume la sua identità.
Con “B” indichiamo una realtà diversa da quella ricompresa in A, parimenti sintetizzata in una identità simbolica, che a questa viene accostata e paragonata in modo che “A = B” esprima un senso di comunanza tra realtà diverse. Ad esempio dire “destra e sinistra sono uguali” in un contesto politico indica comunanza di comportamenti tra schieramenti politici, nonostante la apparente diversità ideologica. Se applicato all’anatomia delle mani, significa che queste sono simmetriche rispetto all’asse del corpo. Analogamente “io e te siamo uguali” è una frase che può assumere diverso senso, ma sempre indicando il rapporto di diversità ed identità.
Forse con la stessa indicazione di uguaglianza vogliamo sottolineare che uno dei due termini è una incognita, una “X” che viene messa in rapporto con un termine noto, una variabile già oggetto di esperienza. Con l’espressione “A=B” indichiamo la fine dell’incognita, la conclusione di un processo di ricerca.
Ad esempio con “l’assassino e’ il maggiordomo” attribuiamo all’incognita “chi e’ l’assassino” il nome di colui che ha compiuto l’atto.
Con “A=B” suggeriamo anche una metafora, ovvero una uguaglianza che non solo non è completa identità, ma in cui la distanza dall’identità è particolarmente significativa. E’ in ciò che il segno “=” risulta particolarmente provocatorio, dato che dovrebbe suggerire una identità, mentre viene espressa in modo eclatante una diversità. “Vostro figlio e’ un asino” e’ una affermazione che potrebbe essere rivolta a una coppia di asini senza intenti provocatori, ma asserire l’uguaglianza tra il quadrupede e lo studente poco diligente accosta realtà volutamente molto distanti per sottolineare la diversità profonda tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere.
La relazione di uguaglianza richiede un contesto, un ambiente all’interno del quale si svolge un processo di identificazione e differenziazione, di cui l’uguaglianza è l’esito finale, o perlomeno la parte compiuta del processo. Il contesto fornisce la semantica per attribuire un senso ai termini posti in uguaglianza, e anche il significato da attribuire all’uguaglianza stessa (il termine “=” o il verbo “è”). L’espressione “la risposta è uguale a quarantadue” non ha senso se prima non viene formulata una domanda alla quale il primo termine (“la risposta”) va riferito e che gli attribuisce un senso. Lo stesso va fatto per “quarantadue” (che potrebbe essere “Quarantadue” o “42”) e a “è uguale”, che potrebbe essere un “=” matematico, un isomorfismo, una relazione di simmetria, una similitudine o altra figura retorica oppure una relazione che trasforma “la risposta” in “quarantadue”. In tutti questi casi, il termine “uguale” rappresenta sia identità che diversità.
Così come l’espressione “A=A” è priva di interesse, inutile perché ribadisce una cosa evidente, un truismo, una tautologia, l’identità di qualcosa con se stessa non vale la pena di essere affermata. L’uguaglianza invece, ovvero il rapporto tra identità e diversità è massimamente interessante, non solo per le scienze esatte, ma anche in quelle umane. Cosa intendiamo per “tutti gli uomini sono uguali”? Non certo che sono identici, né che sono istanza molteplice di un unico prototipo di uomo ideale, ma che nella diversità vi è un elemento di identità che li accomuna e li identifica come uomini. “Essere uguali” significa condividere una comune identità, una identificazione.
Diciamo perciò che tutti gli uomini sono uguali proprio quando è in questione la loro diversità: davanti alla legge siamo uguali, nel momento in cui è questione di giudicare un colpevole, diverso dai tanti non colpevoli, ma ad essi identico in umanità.
Viceversa identificarsi, ricercare una identità, consiste nel porsi in relazione con delle diversità e raffrontarvisi, trovando via via quei caratteri di uguaglianza intesa proprio come rapporto di identità e diversità.