Sul potere · 2006-10-27 by mmzz
Mi pare di notare due tendenze:
1) Il potere si giustifica in ultima istanza col possibile uso della forza, ma tra il suo uso e il non uso sta l’ampiezza di quel “in ultima istanza”, che pare fortunatamente estendersi col passare degli anni. Come pare sempre meno legittimo l’uso delle misure fisiche nell’educazione dei bambini, sempre piu’ difficilmente il potere legittimo giustifica le proprie scelte con la minaccia del ricorso alla forza o con la messa in atto della minaccia stessa. Non solo, il ricorrervi e’ sempre piu’ sospetto, come fosse una confessione di non avere altri argomenti e motivazioni.
2) Mi pare che sempre piu’ si vada diffondendo in modo forse non esplicito ma comunque tangibile il fatto che chi e’ soggetto al potere e ne riconosce la legittimita’, in qualche modo ritiene di avere autorita’ non sul potere ma sulla legittimazione stessa. Mi spiego meglio: se obbedisco ai comandi, se rinuncio a qualche grado di liberta’, lo faccio perche’ questo in qualche maniera rappresenta un valore o un mio interesse, anche come membro di una collettivita’. Ma nel momento in cui di questo non ho percezione mi sento autorizzato legittimamente a contestare la legittimita’ del potere.
Queste due tendenze, ammesso che siano vere e che realmente il potere si basi esclusivamente sulla forza, non spingono forse verso un “depotenziamento” del potere o una sua crescente limitazione e, in ultima istanza, dello stato, sua manifestazione territoriale? Quali forze contrastano questa tendenza? E’ possibile vedere il crescente ricorso all’uso della forza fuori dai confini dello stato come una dimostrazione dell’esercizio di una forza non manifestabile “a casa”?
Politica dimensione pubblica della speranza Revolution permanente et ascension salariee