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Politica dimensione pubblica della speranza · 2006-10-26 by mmzz

Guardando dal punto di vista dell’individio e non da quello delle istituzioni o dell’economia, mi pare sempre piu’ chiaramente che la spinta alla partecipazione politica venga dalla speranza.

Questa puo’ declinarsi piu’ semplicemente in interesse individuale immediato, ovvero speranza di ricavare un vantaggio anche banalmente monetario, fino alla speranza riposta da grandi collettivita’ nell’ideale anche piu’ utopico, la speranza di un mondo migliore che una particolare forma sociale o economica potra’ offrire.

La continua prossimita’ della politica con la religione, e il continuo sovrastarsi tra loro suggeriscono l’esistenza della sovrapposizione delle rispettive sfere di influenza: la religione struttura ed orienta le speranze individuali, dando risposte in particolare sulla speranza ultima, quella di sopravvivere alla morte, mentre la politica risponde alle speranze terrene.

La sopravvivenza dell’individualita’ oltre la morte e’ in potere di una autorita’ divina che la subordina in molte religioni al retto comportamento, che definisce un’etica, La speranza di vita e il timore della morte sono un potente motivo di rispettarla, ma non l’unico. Questa viene a far parte (o forse ne discende) dei valori personali e sociali e tesse la trama delle relazioni e dei comportamenti.

L’ortoprassi e la conseguente ortodossia (la fede e le opere), e il continuo ridefinirsi l’una dell’altra, individuano dei valori che acquistano valenza universale nella loro comunita’ di riferimento, e si riversano sulle norme sociali, e quindi sulle leggi. Da qui spesso la pretesa di chi ha autorita’ sull’etica di avere autorita’ sulle leggi, Di qui il conflitto tra autorita’ religiose e civili nel caso non vengano piu’ riconosciuti i valori e venga minata l’autorita’.

Ma e’ possibile tra religione e politica non sovrapporsi? In particolare, occupandosi la religione di ortoprassi, come e’ possibile non ingerire nella sfera della normazione dei comportamenti sociali? Questa sembra essere in particolare l’esperienza di paesi in cui il potere politico ha tratto legittimazione dall’autorita’ religiosa.

Mentre la religione mette al vertice della scala delle speranze quella piu’ remota nella vita, quella che giace oltre l’ultimo ostacolo, e vi subordina le altre, la politica deve ordinare le speranze in base alle spinte di chi la alimenta: dovranno essere le speranze degli affamati, dei ricchi, dei vecchi, dei giovani, degli immigrati?

Forse per questo motivola scienza politica vuole cosi’ ferocemente distinguersi dalla filosofia politica, dalla risposa alla domanda “come mi devo comportare”, perche’ troppo spesso la porta ad incrociare la sua strada con quella della religione?

Questa della politica e’ l’arena delle speranze contrapposte, piccole, infime e grandi.