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Altro che Privacy · 2008-05-05 by mmzz

Dal’autobiografia di Stefan Zweig “Mondo di ieri, ricordi di un europeo”. Modadori, 1954

Ma allora, nel 1934, una perquisizione domiciliare costituiva ancora in Austria un inaudito affronto. p.402

In realtà nulla forse rende più evidente la decadenza del mondo dalla prima guerra mondiale in poi, come la limitazione della libertà di movimento e la menomazione dei diritti naturali dell’uomo. Prima del 1914 la terra apparteneva a tutti: ognuno andava dove voleva e vi rimaneva finché voleva. Non c’erano permessi né concessioni né lasciapassare. […] Si ignoravano i visti, i permits e tutte le seccature; gli stessi confini che oggi, per la patologica diffidenza di tutti contro tutti, sono trasformati in reticolati e a base di doganieri, poliziotti e gendarmi non significavano altro che linee simboliche, ce si potevano passare con la spensieratezza del meridiano di Greenwich. Solo dopo la guerra ebbe inizio il perturbamento del mondo casato dal nazionalismo e come primo fenomeno visibile provocò la malattia intellettuale ed epidemica del nostro secolo: la xenofobia, o almeno, se non sempre l’odio dello straniero, la paura di lui. Dovunque ci si difese dagli stranieri, dovunque si cercò di eliminarli. Tutte le umiliazioni escogitate un tempo soltanto per i delinquenti, vennero ora imposte prima e dopo un viaggio ad ogni viaggiatore. Bisognava farsi fotografare da destra e da sinistra, di profilo e di faccia, coi capelli corti abbastanza da lasciar libero l’orecchio; bisognava dare le impronte digitali, prima del solo pollice, poi delle dieci dita, bisognava inoltre presentare certificati medici e di vaccinazione, certificati penali e di buona condotta, avere raccomandazioni, documentare gli inviti ricevuti ed offrire indirizzi di parenti, bisognava addurre garanzie morali e finanziarie e soprattutto riempire e sottoscrivere formulari in triplice o quadruplice copia, giacché se una sola di quelle carte mancava, si era perduti. Se calcolo tutti i formulari riempiti in questi anni, le dichiarazioni ad ogni viaggio, le denunce di tasse, i controlli di valuta, i passaggi di confine, i permessi di soggiorno e di partenza, le denunce all’entrate e all’uscita, se calcolo quante ore ho aspettato nelle anticamere di consolati e di uffici, di fronte a quanti impiegati ho dovuto sedermi, cortesi o scortesi, annoiai o innervositi, quante visite o interrogatori di confine ho subito, allora solo mi rendo conto qi quanta dignità umana sia andata perduta in questo secolo, che noi in giovinezza avevamo sognato secolo di libertà, èra del cosmopolitismo, quanto è stato rubato alla nostra produzione, alla nostra creazione ed al nostro pensiero da queste sterili meschinità avvilenti per l’anima. […] Pur nati con un’anima libera, eravamo costretti eravamo costretti a sentire di continuo di essere oggetto e non soggetto, di non avere diritto alcuno, ma di poter solo ricevere grazie dalle autorità. p.424 sgg