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Esprimersi per salvarsi · 2012-05-16 by mmzz

Ho visto il film “Intruglio” su Renzo Bussotti, di Michele Angrisani.

A chi come me ha cambiato 7 case e ancora ne cerca non può sfuggire come queste siano centrali nella scelta del regista e nella narrazione dell’anziano artista, chiuso nel silenzio dopo che delle parole ha sperimentato l’amara capacità di mentire.

Delle sue case e di come ne sia stato via via stradicato Bussotti parla a lungo, così come della ferocia della guerra, che ribolle nelle sue tele , affollate e angosciate come quelle di James Ensor ma le cui figure si deformano e sfumano come quelle di Francis Bacon .

Della casa che ora abita Bussotti narra come sia nata, o meglio cresciuta, innestata sopra all’atelier a Padova grazie al successo di una stagione; e poi —soprattutto— l’artista cede alla casa la parola, incrostandola di ceramiche e facendone un organismo che trasuda una potente espressione che non può tacere e che deborda oltre l’ineffabilità dell’intruglio che è il vivere la vita, anche chiusi da mura silenziose. La casa trasuda la sua arte, non ne è semplicemente rivestita. I muri secernono una forza espressiva che non possono confinare, nonostante la pressione esterna di una difficile accoglienza e la diffidenza per le parole e gli uomini. L’intruglio prende la forma di una secrezione espressiva che fodera il limite in cui l’artista si è confinato. L’architettura squadrata di una casa semplice e senza pretese artistiche finisce per assomigliare a quella morbida di Hundertwasser o quella di un altro italiano misconosciuto, l’emigrante Sam Rodia, artefice delle Watts Towers a Los Angeles.

Del film mi restano le asciutte parole di Renzo Bussotti e il silenzio dei periodi sospesi, ma soprattutto la lezione: esprimersi è una necessità per salvarsi.