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Ricompensa e sostituzione dei fini · 2007-04-18 by mmzz

lo studente, inizialmente motivato nel suo studio solo dall’apprendimento e dalla ricerca della conoscenza, alla fine studia solo al fine di superare l’esame. Non studierà di più di quanto serve, semmai di meno. Questo perché qualsiasi sforzo supplementare è inutile al fine del raggiungimento della ricompensa immediata, che è il più o meno brillante superamento dell’esame.

Il lavoratore, anche motivato nello svolgimento del suo lavoro, pur percependone l’importanza nel contesto di progetti più ampi dei compiti a lui assegnati, finisce per vedere come reale scopo del suo lavoro lo stipendio o la parcella. Raramente considera utile interessarsi ulteriormente: oltre allo sforzo in eccesso vi è il rischio che questo perturbi equilibri superiori ottenendone un danno. Come può capitare allo studente che per approfondire di molto un fatto ne tralascia un poco un’altro che però gli verrà chiesto all’esame.

L’attività lavorativa, di studio, e forse anche affettiva e familiare, viene frammentata, ridotta a moduli al termine dei quali è previsa una gratificazione se questa viene svolta correttamente: lo stipendio, il voto, il regalo. La fine dell’attività, segnata dalla gratificazione, viene progressivamente a sostituirsi al fine originario e complessivo. Ho il sospetto che la sostituzione del fine originario capiti soprattuto ove alto (e difficile da raggiungere) è l’obiettivo iniziale oppure molto gratificanti le ricompense. Il politico viene gratificato dalle elezioni e dal maneggiare il potere, che più che fini sarebbero mezzi per realizzare i fini originari, Tutte le figure apicali finiscono forse per perseguire come fine il prestigio che del loro ruolo dovrebbe piuttosto essere la remunerazione.

Sul piano temporale la frammentazione scandita da periodiche remunerazioni fa perdere di vista un fine complessivo: studiare e lavorare per definire una identità, perseguire uno scopo, condividere un fine con una comunità, alimentare un progetto di vasto respiro, L’agire viene parte di una routine in cui la ricompensa segna il concludersi di una attività che cessa di essere parte organica di un’azione complessiva.

Questo comporta sul piano funzionale una importante conseguenza: l’abitudine a prendere parte ad attività pur non cogliendone il senso complessivo, l’organicità, o pur non condividendone (non potendoli nemmeno scorgere) i fini, La preoccupazione si sposta dal fine dell’attività alla fine della stessa per la parte che compete. Una volta perso di vista il fine, l’impegno va misurato non in base a questo nel suo complesso, ma del raggiungimento della ricompensa alla fine dell’attività: superare un esame senza eccedere nello studio; lavorare in vista del mantenimento del lavoro, vincere ancora le elezioni, eccetera.

Resta da capire a questo punto chi si occupa più dei fini originari.