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Braudel · 2006-05-16 by mmzz

Alla ricerca di bibliografia su una periodizzazione che prenda in considerazione la rivoluzione telematica/informatica come caratterizzante dell’era contemporanea, mi imbatto in Arrighi, “Il lungo XX secolo”, che essendo del 1994 non puo’ essere al corrente di Internet piu’ di tanto.
In compenso scopro Braudel.
Il capitalismo puo’ trionfare solo quando si identifica con lo stato, quando e’ lo stato. Nella sua prima grande fase, che coincide con l’ascesa delle citta’-stato italiane, a Venezia, a Genova, Firenze, e’ l’elite del denaro che detiene il potere
Suona familiare. Come mai, mi chiedevo, le multinazionali non si liberano del fardello costituito dagli stati. Cosa gli manca, ancora?

Arrighi (p.35) dice la concorrenza per il capitale mobile tra strutture politiche di grandi dimensioni ma di forza all’incirca uguale e’ stata il fattore maggiormante rilevante e duratuto nell’ascesa e nell’espansione del potere capitalistico nell’epoca moderna
Ah, capito, servono le strutture politiche per garantire economie di scala, Infatti Arrighi poi spiega in questi termini:

La cosa piu’ interessante e’ la stratificazione della gerarchia del mondo degli scambi (economia?) che Arrighi cita da Braudel (“Civilta’ materiale, economia e capitalismo” 1981-82) , stratificata in:

Nel terzo livello o strato il possessore di denaro incontra non il possessore della forza-lavoro, ma quello del potere politico , infatti pochi si sono avventurati al piano superiore, del “contromercato” ove si trova, per usare le parole dell’iperbole di Braudel “il regno dell’arrangiarsi e il diritto del piu’ forte” e dove egli ritiene si nascondano i segreti della “longue duree” del capitalismo storico
Infatti, secondo Braudel, il capitalismo ha capacita’ proteiformi, per cui si conforma a cio’ che meglio soddisfa i suoi scopi, non solo immediati, ma di lunga prospettiva.

Sorge la domanda: siamo in uno di quei momenti in cui il capitale cambia “stato”?

Arrighi, iniziando citando Braudel [81-82] , dice: “insistiamo su questa qualita’ essenziale per una storia d’insieme del capitalismo: la sua plasticita’ a tutta prova, la sua capacita’ di trasformazione e di adattamento” In alcuni periodi, anche lunghi, il capitalismo sembra “specializzarsi” come accadde nel XiX secolo, [...], ma questa e’ una prospettiva di breve termine

E poi Arrighi si addentra e approfondice il concetto:
mi sembra che questi brani possano essere interpretati come una riformulazione della formula generale del capitale di Marx: DMD’. Il capitale monetario D indica flessibilita’, liquidita’, liberta’ di scelta.
M indica caputale investito in una particolare combinazione di input-output in vista di un profitto, Significa quindi concretizzazione, rigidita’, e riduzione delle opzioni aperte. D’ indica liquidita’, flessibilita’ e liberta’ di scelta allargate.
Intesa in questo modo, la formula di Marx ci dice che gli agenti capitalistici non investono denaro in particolari combinazioni di input-output come un fine in se con la conseguente perdita di flessibilita’ e liberta’ di scelta. Al contrario lo fanno come un mezzo per assicurarsi una flessibilita’ e una liberta’ di scelta ancor maggiori in un momento futuro. [...] Il capitale tende a fare ritorno a forme piu’ flessibili di investimento, soprattutto alla sua forma di denaro

Questa lettura, applicata alla attuale passione per le attivita’ finanziarie e “veloci” (se non “vuote”) piu’ che per quelle in cui il capitale e’ cristallizzato in una forma rigida, porebbe indicarci la disponibilita’ del capitale di aderire a nuove modalita’ di creazione di profitto, una volta che queste si manifestino in modo esplicito.
Forse una anteprima di questo lo si e’ visto nell’entusiasmo negli anni ‘90 per le “dotcom”, entusiasmo talmente eccessivo che si e’ investito in qualsiasi cosa vesse una “e-” davanti, fosse anche una “e-bufala”. Oggi, riengo, resta la disponibilita’ ad abbracciare una nuova modalita’ di profitto.

Oltre a queste considerazioni e’ per me fulminante il suggerimento della stratificazione di Braudel.

Infatti personalmente ritengo che ogni progetto, piu’ o meno consapevole, che abbia avuto grande successo abbia questi componenti: stratificazione, modularita’, cooperativita’, apertura. Non avrei pensato di dover aggiungere il capitalismo alla lista che comprende Internet, WWW, Linux, ecc…
Pensando a un modello organico cellulare, la funzione del capitalismo portebbe essere quella del mitocondrio, accumulatore della conoscenza per fornire energia alla collettivita’,