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Ancora politica · 2005-10-31 by mmzz

Su invito di Anna commento azzardo un commento all’introduzione di Bauman

Dice Bauman :
e’ possibile che l’aumento della liberta’ individuale coincida con l’aumento dell’impotenza collettiva in quanto i ponti tra vita pubblica e vita privata sono stati abbattuti o non sono mai stati costruiti; oppure, per dirla diversamente, in quanto non esiste un modo semplice e ovvio di tradurre le preoccupazioni private in questioni pubbliche e, inversamente, di identificare e mettere in luce le questioni pubbliche nei problemi privati. In assenza di ponti, la comunicazione sporadica tra la sponda del privato e quella del pubblico viene mantenuta con l’aiuto di palloncini che hanno la seccante abitudine di afflosciarsi o scoppiare nel momento in cui toccano terra; e molto spesso prima di giungere a destinazione.

Prima osservazione: e’ proprio vero che e’ aumentata la liberta’ individuale? In quale parte del mondo? E’ proprio vero che l’individuo ha una maggiore concreta possibilita’ di determinare il proprio futuro?
O e’ solo piu’ ampia una gabbia dalle sbarre piu’ solide?

L’arte della politica, se parliamo di politica democratica, consiste nell’abbattere i limiti posti alla liberta’ dei cittadini; ma anche nell’autolimitazione, il che significa rendere i cittadini liberi per consentire loro di stabilire, individualmente e collettivamente, i propri limiti individuali e collettivi.
Condivido l’osservazione che la seconda parte di questa frase sia stata “trascurata”, ritengo anzi che sia un termine eufemistico. La politica e’ stata limitata dai cittadini quando qualche politico ha condotto gli altri alla consapevolezza di una ingiustizia [clinico] o ha deciso, trovati buoni motivi, di sostituirsi ai primi [cinico].
Spesso per fare questo e’ servita “la forza”, ovvero il sangue. Non esprimo giudizi sulla cosa in se’: si vede che e’ proprio necessario comportarsi ancora come scimpanze’ rissosi.

Rispetto al passato nella societa’ occidentale contemporanea vi sono pero’ due fattori che rendono a mio avviso il rivolgimento sempre piu’ difficile:

Prima della prima guerra mondiale un cittadino si sarebbe indignato difronte ad una perquisizione domiciliare: e’ quanto ci racconta Stefan Zweig in “Mondo di Ieri. Ricordi di un Europeo”. Ora a tutti i cittadini verranno prese le impronte digitali, e potranno essere soggetti a prelievi di DNA. Gattaca e’ dietro l’angolo, e se qualcuno (ad esempio i media) si preoccupa, e’ del problema sbagliato.

Per giustificare una guerra che ci tolga delle liberta’ non serve nemmeno piu’ un nemico definito, identificato: basta un generico ente malvagio globalizzato che come la SPECTRE che trama nel buio e che James Bond deve combattere perche’ la liberta’ sia salva.
E coerentemente con quanto detto da Debord, la rappresentazione della politica e’ sempre piu’ spettacolare e simile a un film, come viene ormai riconosciuto dai piu’ licidi tecnici della sicurezza [2].

Percio’, a mio avviso, “aumentata liberta’” e’ una affermazione da sottoporre a verifica e scrutinio attento, anche se espressa da un illustre studioso.

Sul ruolo della politica, sull’impotenza dell’individuo, sui ponti mai costruiti faccio solo due osservazioni, la prima sugli attori delle scene della politica la seconda su quali siano veramente queste scene.

Chi: una volta limitata la liberta’ di interazione politica al solo voto temo che l’individuo non sia piu’ il soggetto politico principale, se mai lo e’ stato. Nominalmente e’ l’individuo che da’ il voto, e da sempre e’ il partito che media questa delega di potere. E’ in atto pero’ una sempre crescente limitazione del potere che questo voto esprime: attraverso la limitazione dell’azione politica e attraverso la gestione simultanea del consenso e del dissenso che consente il monopolio sostanziale della scena politica.
“La mancanza di alternative schiarisce meravigliosamente le idee”, diceva Kissinger. La presenza di due sole alternative politiche, due sfumature diverse dello stesso colore liberista, non rappresenta una alternativa degna del nome “scelta”.

In questo scenario dominato dall’economia l’azione politica di maggiore influenza e’ quella sulle scelte economiche, che pero’ non e’ piu’ nelle mani di attori politici eletti dal cittadino, ma di organi “tecnici” che forse scelgono anche quali politici le applicheranno.
Si veda il potere del WTO e di quanto e’ successo in Argentina, si vedano le sanzioni che questi organi possono imporre, le scelte in materia di privatizzazioni, di moneta, inflazione, debito pubblico, imposizione fiscale. Si pensi anche al potere che hanno le agenzie di “rating” quando modificano i loro pareri “tecnici”. Come e’ possibile parlare di politica economica in mano ai politici? Altre domande che e’ lecito porsi: chi elegge i tecnici che operano le scelte economiche che una volta facevano i politici?
Quanta parte “politica” vi e’ nelle celte “tecniche” che essi operano? Come mai e’ diventato un tabu’ parlare di azienda pubblica? In base a quale processo democratico?

Dove: Come correttamente osserva Bauman la distanza tra pubblico e privato e’ sempre piu’ ampia. I ponti di cui parla sono forse diventati i ponti levatoi che colmavano i fossati scavati per proteggere il signore dai nemici (inclusi i propri sudditi).
La barriera tra chi sta dentro e chi sta fuori dal palazzo e’ sempre piu’ alta. A Genova nel 2001 c’era un dentro e un fuori.
E chi stava dentro non era chi stava fuori. E fuori non vi era nessuno di coloro che stavano dentro.
Fuori le istanze di una ampia fetta della popolazione, dentro nessuno che potesse rappresentare quelle istanze.
Prima della guerra in Iraq, si e’ vista la prima manifestazione simultanea globale della storia, (grassroot politics, credo direbbero in USA), ma questo non ha avuto alcun effetto reale sul dentro del palazzo. Bauman non puo’ dire che in quell’occasione la preoccupazione privata non e’ diventata questione pubblica!
Semplicemente la preoccupazione pubblica puo’ essere ignorata.[3]

Se vi fosse veramente un processo democratico, dovrebbe esservi qualcuno dentro che rappresenti la voce di coloro che sono fuori a protestare. Magari flebile ed inascoltata, ma dovrebbe esservi.

Peggio ancora, coloro che sono fuori sempre di piu’ rigettano cosi’ radicalmente i metodi di chi sta dentro al punto di non voler entrare. Questo a mio avviso rappresenta la morte della politica, oltre che della democrazia.
L’isolamento sempre piu’ profondo dei leader, la crescente diffidenza nei confronti di chi si impegna in politica, la rinuncia ai summit che richiedono la repressione violenta di un dissenso che “non trova luogo” per esprimersi dentro al palazzo sono a mio avviso altri segni che il problema e’ ben piu’ serio che una “comunicazione sporadica tra la sponda del privato e quella del pubblico”.

[1] http://www.kelebekler.com/occ/prevekant.htm
[2] http://www.schneier.com/essay-087.html
[3] Goering disse, nella prigionia a Norimberga:
Voice or no voice, the people can always be brought to the bidding of the leaders. That is easy. All you have to do is tell them they are being attacked, and denounce the pacifists for lack of patriotism and exposing the country to greater danger. It works the same in any country.
Gilbert, G.M. Nuremberg Diary.
New York: Farrar, Straus and Company, 1947 (pp. 278-279).